Ella è troppo apprezzata dal governo della repubblica per dubitare dell'interesse che si attacca alla sua persona ed al suo corpo. Le raccomandazioni per la disciplina sono conseguenza del desiderio che si ha di rendere (il corpo) di partigiani amato in ogni paese, giacché su tale corpo da Lei capitanato è fondata la parte principale del piano di difesa».
Sulla sua esperienza di Capo di S. M. scriverà piú tardi P.: «In Roma mi trovai ad un posto contrario al mio carattere, alle mie naturali inclinazioni; ho abborrito sempre le cancellerie; avrei le mille volte preferito il comando di un battaglione. Subii la mia posizione, e mi tenni strettamente fra i limiti delle mie attribuzioni; fui quale doveva essere, con espressione oltremontana, l'homme du général en chef. Amatore di disciplina, l'osservai per primo. Nei dettagli del servizio emetteva, come era mio dovere, la mia opinione, poi mi uniformava alla parte di esecutore d'ordini» (artic. su La Voce della libertà).
(55) La carica della cavalleria borbonica contro l'avanguardia romana era stata cosí impetuosa che lo stesso Garibaldi, è noto, corse serio pericolo della vita.
Nella lettera al fratello, 18 sett. 1849, P. contesta che Garibaldi, sul cui valore di generale egli pure non si fa grandi illusioni, sia mai stato fugato dal corpo napoletano.
(56) Sulla carriera di Filippo Pisacane, cfr. BUTTÀ, Un viaggio da Boccadifalco a Gaeta, II, 113 e DORIA, Un re in esilio, Bari, 1930, 6, 74. Filippo partecipò alla campagna del '60 e seguí poi re Francesco a Roma, ottenendone nel '61 un sussidio; piú tardi, sempre in Roma, lo si trova citato quale padrino in un duello tra ufficiali.
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