.. Vi desidero salute e auguro fratellanza...», scrive al suo avversario quel giorno stesso!
(59) Della detenzione di P. non si seppe mai la causa vera, scrivono gli autori del Cenno premesso all'ed. originale dei Saggi, che pure erano intimi di P.
Nell'articolo su La Voce della libertà P. afferma che, entrati i francesi a Roma, giuocoforza gli fu rassegnarsi «all'umiliante condizione di ragionare col nemico; piú di una volta fui obbligato di portarmi al suo quartier generale, e ne trassi poche simpatie. Sciolto l'esercito, rientrato nella vita privata, venni arrestato e condotto in Castel S>. Angelo».
(60) Il biglietto di Mazzini (a Emilia Hawkes, 10 luglio 1849) cosí si esprimeva: «P. è un amico, uno dei nostri. È stato capo di S. M. nel nostro esercito romano, e si è comportato coraggiosamente e patriotticamente. A me piace moltissimo, e sono certo piacerà a voi. Volete presentarlo a tutta la vostra famiglia, e a tutti gli amici che possono riuscirgli utili? Egli deve naturalmente cercarsi un'occupazione, ed è degno di trovarla sia come ingegnere, sia altrimenti. So che questo è assai difficile; vale tuttavia la pena di tentarlo».
Capitolo V
(61) Soltanto a Ginevra — scriveva la torinese Concordia, 24 agosto 1849 — trovansi «circa la metà dei deputati dell'Assemblea romana e del governo repubblicano di Roma».
(62) Sull'amicizia tra Varè e P., v. Varè a Dall'Ongaro, 6 nov. 1850, in DE GUBERNATIS, op. cit., 294. Ma poi Varè e P. si guastarono, sembra, in seguito a dissensi politici: quelli stessi che travagliavano allora l'intero movimento repubblicano.
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