(174) Assai pessimista sulle conseguenze sociali e politiche della propaganda cattolica, P. — è chiaro — rimprovera nei suoi Saggi agli italiani d'essersene lasciati «rammollire» e fiaccare, troppo proni a codesto ideale di rinunzia e di rassegnazione. Tanto che in un passo quasi nascosto del IV Saggio egli si lascia sfuggire la disperata definizione degli italiani: «un popolo avvezzo a servitú, che tende sempre a crearsi nuovi padroni» (153).
Capitolo IX
(175) Scriveva l'Ambasciatore napoletano a Londra al suo Ministro degli Esteri, 10 febbraio 1852: «Mazzini nel chiarirsi ostile a tali progetti (quelli murattiani), li fomenta sotto mano... Quello ch'egli se ne ripromette è aprir la via a disordini, a convulsioni nel nostro Reame, qualunque si fossero, per trarne profitto ai suoi chimerici sogni»... (GAVOTTI, 48).
Da molti rivoluzionari si rimproverava a Mazzini il disinteresse per la questione napoletana. Mazzini protestava contro l'ingiusta accusa, pur ammettendo che, dal '49 in poi, «Napoli — e fu grave danno — si raggruppò in sé, si riconcentrò, temo, soverchiamente nei suoi dolori, e fu troppo poca la comunione che tenne con noi tutti quanti siamo figli delle altre province» (a Fabrizi, 15 agosto 1854).
(176) Sugli appoggi ottenuti da L. Murat dalla Massoneria, cfr. LUZIO, La Massoneria nel Ris. Ital., Bologna, 1925, I, 253, 255.
Già nel gennaio '50 Mazzini dava la sveglia contro il pericolo murattista (a Fabrizi). — Il 12 febbraio dello stesso anno Il Risorgimento pubblicava una protesta di emigrati napoletani stabiliti in Piemonte contro una insinuazione, stampata dal National, su pretese loro pratiche in pro di Murat.
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