En présence de tels faits, nous nous trouvons placés dans une situation extrémement pénible. Il est évident que nous ne pouvons nous disposer à combattre Murat... surtout si nous ignorons l'opinion... du cabinet Britannique sur cette question». Allo stesso, 17 settembre: «vous aurez soin... de vous montrer très préoccupé des efforts de ce parti. Vous tâcherez de... faire comprendre que l'inertie de l'Angleterre fait sa force; et que son succès est à peu près certain si le cabinet britannique, après avoir ténu un langage hautain et provocateur envers Bomba, s'absténait d'exercer une pression efficace à son égard» (CHIALA, II, 390, 395). Cavour batteva, cosí facendo, la via giusta. Anche Ruggero Settimo, per minare la propaganda murattista, scriveva a Palmerston (AVARNA, Ruggero Settimo, Bari, 1928, 225).
(179) Il giorno appresso altri dieci emigrati aggiungevano le loro firme alla protesta antimurattista (tra gli altri, cospicui, i nomi di De Sanctis, Nicotera, La Cecilia, Plutino).
(180) Le finalità del Centro politico obbedivano a quell'imperativo d'azione che allora era universalmente sentito. Anche Silvio Spaventa, tutt'altro che un esaltato, scriveva allora: «il punto che piú importa è di operare» (CROCE, 217). E, non molti mesi dopo, il Guerrazzi, pur nemico acerrimo dei mazziniani «La Italia ha bisogno di ferocissimi che sappiano morire ed uccidere; se questi non sorgono..., allora bisogna che aspetti salute da una invasione di barbari che le rinnovino il sangue» (Lettere, Livorno, 1880, II, 321; 6 giugno '57).
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