L'Angherà, scampato al carcere della Vicaria di Napoli, era riparato (nel '50) a Genova, indi a Torino e Malta. P. lo conosceva di certo; nella Libera Parola, n. 6, sett. '56, il suo gesto sfortunato veniva ampiamente elogiato. Su di esso e sulle insistenze di Mazzini perché lo sbarco dei legionari si eseguisse in Toscana, v. Mazzini a Fabrizi, 12 agosto '56.
(198) Le insistenze di P. verso Bertani si spiegan non solo con la vivissima stima che egli nutriva per lui; ma anche col fatto che in mano a B. erano i fondi destinati alla liberazione degli ergastolani... Panizzi scrisse decisamente al B. essere escluso di poterli utilizzare per altre e diverse imprese (MARIO, Bertani, I, 223).
(199) La lettera a Bertani (di mano di P., ma firmata anche da Pilo) in MARIO, Bertani, I, 225-226. In essa era detto: «Il battello c'è». Si alludeva probabilmente al Ligure, piccolo piroscafo, che i fratelli Orlando avevano messo in un primo tempo a disposizione dell'impresa, da essi piú tardi sconsigliata. Il Ligure era affidato al Kirckiner «il quale, intimo di P., alloggiava con lui» (ITALICO, 106. Sul K. cfr. anche PAOLUCCI, 212).
Bertani, pur contrario alla spedizione e soprattutto al proposto moto di Genova, non escludeva che Garibaldi, se interpellato all'ultimo, alla vigilia della esecuzione, avrebbe finito coll'accettare di farne parte (MARIO, Bertani, I, 42).
(200) Sulla popolarità di Garibaldi scriveva Mazzini (fonte non sospetta...): «Il nome di G. è onnipotente tra i Napoletani, dopo l'affare romano di Velletri.
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