Le sue lettere di là sembrano calcate su quelle napoletane: perpetuamente dominato da una volontà piú forte della sua, e nel contempo ribelle contro di essa, F. trovò dapprima il suo tormento in P., di poi nel Bakunin. Vittima sempre! (Sul viaggio in Ispagna, 1868, v. NETTLAU, 151).
(224) Giusto è per altro osservare che alla radice di molti ondeggiamenti di Fanelli stavano le informazioni contraddittorie che gli pervenivano dalla provincia. Le lettere pubblicate da DE MONTE son piú che bastevoli a dimostrare che se Fanelli non era al suo posto, ancor meno di lui lo erano i suoi immediati collaboratori. Come conciliare ad es. le infiammate dichiarazioni di un Nicola Albini, 6 marzo '57 («Siate certi che all'apparire degli ufficiali insorgeranno pure le gatte»), o di suo fratello Giacinto, 7 marzo («... Si è pronti, prontissimi a insorgere... il fuoco è celato e divamperà in modo sorprendente... »), col contegno tenuto poi alla prova dei fatti dai nuclei rivoluzionari da essi controllati?
(225) Nel febbraio il disegno preferito era quello di far partire 20 uomini armati su di un vapore salpante da Londra; nelle acque di Pianosa esso avrebbe dovuto incontrarsi con una goletta proveniente da Genova, con a bordo altri 15 uomini e carico d'armi; indi proseguire per Ponza.
(226) «Per la cooperazione io conto piú sulla disposizione morale che sugli accordi — aveva già scritto P. a Fanelli, il 16 marzo. — Tutto ciò che mi verrà da voi sarà utilissimo, preziosissimo, ma il puro necessario v'è». — Si tenga presente che P. partiva sempre dalla premessa che il movimento nel napoletano non avrebbe dovuto essere che un episodio, sia pure essenziale, di un sistema insurrezionale pan-italiano.
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