La nuova umanità non vedrà piú lotte tra classe e classe poiché capitale e lavoro saranno riuniti nelle stesse mani: non piú proprietari che godono il frutto delle fatiche altrui e lavoratori dannati alla miseria, poiché la proprietà sarà prodotta e santificata dal lavoro di tutti.
Come avviarsi a questa unione del capitale e del lavoro? Non certo abolendo il principio di proprietà, bensí facilitando a tutti l'acquisto della proprietà stessa; si spronino intanto i proprietari, i capitalisti a una piú equa rimunerazione del lavoro, ma soprattutto si incoraggino i lavoratori ad unirsi in associazioni di lavoro libere e volontarie (cooperative di produzione) che garantiscano a ciascuno di essi una parte del prodotto del lavoro comune e il diritto a una proporzionata partecipazione agli utili.
Difficoltà grave è quella di trovare i capitali necessari per istituire e assicurare la vita di queste associazioni.
Al primo fondo, scrive Mazzini, dovranno contribuire con i loro risparmi gli artigiani e gli operai. Ma sono questi in grado di accumulare risparmi non irrisori? Mazzini non si fa illusioni; comprende perfettamente che è arduo, se non addirittura ironico, predicare al popolo sacrificio e risparmio quando le sue condizioni economiche, lungi dall'accennare a un miglioramento, inclinano piuttosto a peggiorare; quando gli operai, lavorando 10 o 12 o 14 ore al giorno, guadagnano appena quel tanto che basta a un sobrio sostentamento, non hanno garanzie sulla continuità del lavoro, son costretti a impiegare donne e ragazzi nelle manifatture, né trovano nelle leggi dello Stato alcuna protezione contro gli arbitrî del capitale.
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