Il Piemonte contava 247 scuole ogni 1000 kmq; la Sicilia 33, la Sardegna 26, l'Umbria 48, le province Napoletane 53(18).
Tremenda sproporzione che solo in lunghissimi anni si riuscí ad attenuare(19). Il proletariato italiano, sotto questo rapporto, era allora senza alcun dubbio fra i piú arretrati in Europa.
All'altissimo livello dell'analfabetismo, bisogna aggiungere quello bassissimo dei salari.
Purtroppo mancano statistiche sistematiche dalle quali si possano ricavare notizie valide per tutto il paese. E se arduo è ricostruire le condizioni economiche degli operai industriali, addirittura impossibile è il farlo per gli artigiani, ossia per tutti quei lavoratori (ed erano allora la grande maggioranza) che lavoravano in piccolissime aziende non di carattere industriale, o per proprio conto. Le ragioni sono evidenti.
Dobbiamo dunque contentarci di dati non omogenei, di impressioni sommarie, che si riferiscono esclusivamente agli operai delle industrie. Nella maggior parte degli stabilimenti e delle grandi e piccole aziende, l'orario di lavoro era stabilito da un regolamento. Dove non si praticava il cottimo, l'orario medio oscillava intorno alle 11-12 ore; in qualche caso si giungeva alle 14, eccezionalmente alle 16; raramente si scendeva alle 10-8(20). Alcune agitazioni operaie erano volte alla conquista delle 12, le piú delle 10 ore di lavoro(21).
Il salario medio non si può, per mancanza di dati, stabilire con precisione. Conosciamo dei minimi, conosciamo dei massimi. Ma quanti operai percepivano il salario massimo, quanti quello minimo?
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