Certe forme di organizzazione piú complessa ed efficace, infine, certi metodi di lotta piú fruttuosi non vengono compresi e seguiti se non da chi disponga di un certo grado di cultura, di un minimum di capacità intellettuale: quel minimum, precisamente, che faceva difetto, intorno al '60, alla massa operaia italiana.
Quando si meditino i dati della ignoranza e della miseria che opprimevano le nostre classi lavoratrici in quel tempo, vien fatto perfino di maravigliarsi del relativo successo incontrato fra di esse dal mutuo soccorso e dalla cooperazione. Piú ancora ci si domanda in qual modo larghi strati dell'elemento operaio sian giunti, dopo il 1860, ad acquistare una coscienza, e sia pure una vaga coscienza, del loro stato, dei loro bisogni e dei loro diritti.
4.
Primordi di organizzazione operaia
Fino al 1859-60 non si può parlare di movimento operaio italiano. Prima di questi anni all'infuori del regno di Sardegna, tutti gli altri Stati italiani, retti da un sistema antiliberale, non ammettono, salvo eccezioni, il principio dell'associazione operaia. Qualche nucleo sorge anche in questi Stati, ma sono nuclei isolati che non tendono, né potrebbero tendere se anche lo volessero, a moltiplicarsi e a unificarsi; o sono società di beneficenza, istituite da non operai. Il fatto piú eloquente è che il nucleo relativamente piú numeroso di società si trova nell'Emilia, ossia negli Stati del papa: sono in gran parte società fondate o sorvegliate dal clero. Si può dunque parlare di una vera e propria organizzazione operaia?
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