E infatti perché mai le classi di governo in Piemonte avevano tanto appoggiato il movimento delle società operaie di mutuo soccorso? Perché non avevano tardato a comprendere tutto il vantaggio che poteva derivare all'ordine sociale dal fatto di legare in pacifici organismi economici, dei quali fosse per statuto limitabile e sorvegliabile l'attività, quelle forze sulle quali poteva esercitarsi e in parte si esercitava il potere di attrazione del partito sovversivo (allora il repubblicano): di largheggiare con esse in concessioni di carattere economico (e quindi legarle allo Stato) pur di tenerle rigidamente estranee al pericoloso giuoco politico(42).
Il Piemonte fu dunque la culla del movimento operaio italiano. Incoraggiò le prime esperienze, accolse le prime cooperative, i primi congressi, tollerò i primi giornali operai(43). La pratica del mutuo soccorso, se pur di necessità ristretto entro i limiti del sussidio ai soci bisognosi (sola eccezione la cassa di resistenza fra i tipografi), risultò preziosa: primo addestramento degli operai alla disciplina dell'organizzazione, fece germogliare in essi l'idea che la classe lavoratrice ha interessi suoi propri, che possono essere contemperati, ma sono certo distinti dagli interessi delle altre classi sociali.
Nelle altre regioni d'Italia il biennio 1859-60, che segna il prevalere delle minoranze liberali e l'estendersi delle franchigie costituzionali, vede anche l'inizio di un vero e proprio movimento operaio.
Sorgono numerosissime società di mutuo soccorso, mentre le poche già esistenti, fino allora appena tollerate, trovano finalmente il terreno e l'ambiente propizio per svilupparsi, estendere la loro attività, e collegarsi.
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