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      Né tradivano né davan prova di non aver compreso; ma si eran tenuti stretti a Mazzini fin quando il suo programma era rimasto il solo che un democratico militante, desideroso di non isolarsi, potesse abbracciare; lo abbandonavano non appena un altro se ne presentava, piú conforme alle loro personali vedute e inclinazioni.
      Ma di questo appunto e dell'apporto dei democratici al movimento operaio tratta il presente lavoro.
     
      I gruppi moderati e conservatori durante tutto il decennio seguente alla unificazione del Regno sono assorbiti dal problema di consolidare la compagine politica, finanziaria, amministrativa del nuovo organismo unitario. Il loro compito è arduo: ottenuto il riconoscimento del nuovo Stato dalle potenze estere, occorre dar prova della sua stabilità, facendo dimenticare l'agitato periodo della sua formazione e attuare, con le annessioni di Roma e della Venezia, quel programma della completa unità politica, che nel paese è bandito clamorosamente dal partito di azione. Con questo partito bisogna perciò mantenere buone relazioni, per potersi giovare delle sue iniziative e delle sue audacie, esser pronti magari a spingerlo nascostamente ad agire, perché le potenze estere abbiano l'impressione che il governo italiano, pur deciso a contentarsi dei risultati acquisiti fino al 1860, è costretto in certi casi a seguire la travolgente volontà popolare; ma anche sorvegliarlo cosí attentamente da essere in grado di arrestare la sua azione, sciogliere le sue organizzazioni, smentire ogni voce di accordo fra esso e il governo, al minimo segno di complicazioni internazionali.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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