Col ritiro di quasi la metà dei delegati, il IX Congresso operaio perde quell'importanza che, nella intenzione degli organizzatori, e soprattutto dei mazziniani, doveva rivestire. La grandissima maggioranza dei delegati rimasti è costituita da democratici.
Se ne sono andati, in blocco, i rappresentanti delle società piemontesi, la piú parte moderati, gli altri democratici non mazziniani.
Il 28 settembre s'inizia la discussione sui quesiti, quando ormai l'importanza e l'interesse che essa poteva rivestire sono in gran parte caduti, col dileguarsi delle possibilità di un esauriente scontro d'idee e di programmi fra moderati e democratici. Le risoluzioni si seguono monotone e prevedibilmente vane, a conclusione di discussioni generalmente affrettate e incolori. Da rilevarsi qualche accenno, lievissimo invero, a una differenza di valutazione delle concrete questioni del lavoro fra i delegati borghesi e quelli operai. Discutendosi per esempio di come si possa ottenere il riscatto delle plebi, mentre i primi dichiarano di fidar soprattutto nella diffusione dell'istruzione, nella concessione del suffragio universale e nella unificazione delle società operaie, due operai sostengono che è vano parlar d'istruzione quando i lavoratori non hanno tempo per istruirsi; e un altro avverte che finché i ragazzi saranno costretti dalla necessità ad impiegarsi nelle officine sarà difficile pretendere che si istruiscano. Ma nell'ordine del giorno che poi tutti i delegati votano concordi si dà piú peso alle opinioni dei borghesi intellettuali:
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IX Congresso
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