Tanto scalpore, discussioni tanto accanite non possono non sboccare in qualcosa di concreto che ribadisca la netta divisione determinatasi nel campo operaio. I secessionisti, ossia gli antimazziniani, propongono la convocazione di un controcongresso operaio, considerando come non avvenuto quello fiorentino. La Società operaia di Torino, che lancia l'idea, spiega che i pochi delegati rimasti a cianciare a Firenze «a vece di essere operai erano nella massima parte avvocati, giornalisti, romanzieri o marchesi». «Le esorbitanze state dette o scritte a nome nostro nel preteso Congresso di Firenze da uomini di un partito funesto all'Italia ed avverso alla maggioranza della Nazione, dove non ci attirarono addosso il ridicolo, ci provocarono contro la disapprovazione generale»(130).
E mentre Mazzini, scrivendo agli operai di Parma, il 25 ottobre 1861, accenna ai «pazzi ed imprudenti sospetti, seminati sulla vostra via da uomini che dovrebbero salutare il vostro risveglio con orgoglio» nonché «agli errori di alcune vostre società che, illudendosi a poter migliorare le sorti materiali del popolo separatamente, condannerebbero senza avvedersene le associazioni operaie ad essere associazioni di ciechi e meccanici strumenti di produzione»(131) - molte di queste associazioni accolgono con favore la proposta torinese; e il luogo di questa vera e propria dimostrazione antimazziniana viene fissato ad Asti.
I mazziniani, per burla o per stizza, chiamano questo controcongresso, che s'aduna il 10 novembre, il Sonderbund astigiano, paragonandolo alla lega fondata nel 1846 in Svizzera tra i cantoni cattolici contro la progressiva unificazione federale.
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