«Potrò io mai assistere personalmente ad una delle vostre riunioni? - scriveva l'11 novembre '63 alla Società degli ebanisti e falegnami in Genova. - Potrò io mai, con una stretta di mano a voi tutti che amo, rinvigorirmi di speranze e di affetti la vita cadente?... Aiutando noi tutti al conseguimento del fine nazionale, voi meriterete il conseguimento del fine sociale, che è vostro diritto; e a conseguirlo v'è necessario svolgere il germe cacciato dal vostro Congresso di Parma. Sollecitate i vostri incaricati perché redigano lo statuto che deve costituire praticamente la vostra federazione»(172).
Ma, mentre la Commissione permanente eseguí con molta rapidità uno degli incarichi affidatile, dando vita, fin dal 3 gennaio 1864, al «Giornale delle Associazioni operaie italiane decretato nel X Congresso degli Operai tenuto in Parma», del quale assunse la direzione il Savi(173), la redazione dello statuto, invece, procedeva con molta lentezza.
Mazzini che, come abbiamo veduto, desiderava si accettasse senz'altro il suo abbozzo e si mettessero in pratica le norme in esso contenute, s'impazientiva. «Perché questa decisione, la piú importante che abbiate mai presa, rimane inapplicata? - chiedeva alla Società dei legatori di libri, in Genova, il 4 aprile 1864. - ... Perché un lavoro di dieci giorni deve protrarsi per mesi?»(174).
Gli è che se i tre mazziniani (presto ridotti a due, per la morte del Cannonieri) che facevan parte della commissione potevano contentarsi di porre la loro firma in calce al suo progetto, non cosí la intendevano gli altri membri.
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