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      In realtà, anche nel 1863-64 l'apporto dei democratici al movimento operaio era stato di scarsa entità. Il loro sforzo maggiore era consistito nel radunare i due Congressi di Parma e di Napoli, non inutili davvero, non privi di discussioni vivaci e interessanti. Peccato non avessero compreso essere assai piú opportuno transigere sulle questioni di principio, evitando le solite gazzarre sulla politicità o sull'apoliticità e affrontare con volontà di risolverle una o pochissime questioni d'indole pratica, delle piú urgenti che premevan la classe operaia, cattivandosene cosí la simpatia e la riconoscenza. La classe operaia, invece, si era mantenuta piuttosto estranea a quei congressi; e ai democratici che, dopo avervi partecipato, se ne tornavano soddisfatti alle loro sedi, convinti d'aver fatto fare un gran passo alla questione del lavoro e d'aver presenziato alla piú importante ed efficace manifestazione del movimento operaio italiano, non si può dire fosse mal diretta la mordente critica che ad esso rivolgeva, nel 1871, il russo Michele Bakunin:
      «Il fatto è che il moto degli operai italiani, grazie ai soporiferi che Mazzini lor somministra, è stato finora nullo. Essi han dormito e durante il loro sonno grave e doloroso, solo Mazzini e i mazziniani sonosi agitati, e, come spesso accade a persone che han poca critica, essi han preso il moto loro proprio pel moto di chi era loro d'attorno»(194).
      Nella qual critica è uno spunto di verità commisto a due affermazioni inesatte: la prima della nullità del moto operaio, la seconda che solo i mazziniani si fossero in pro' di quello agitati.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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