Ma può l'uomo, nell'attuale organizzazione sociale, istruirsi ed educarsi se non possiede congrui mezzi di fortuna? Evidentemente no; non v'è che una piccola minoranza che abbia tale possibilità, ossia l'incommensurabile privilegio di essere e di sentirsi libera in una massa di schiavi.
Ecco dunque la necessità di rivoltarsi contro lo Stato, che garantisce il mantenimento dell'odierno assetto sociale. Bisogna abolire il diritto di proprietà, che crea una cosí profonda disuguaglianza tra gli uomini e il diritto di eredità, che concede di trasmettere il privilegio; bisogna assicurare a tutti gli uomini uguali condizioni di partenza.
Vana fatica è quella di spingere le classi privilegiate a mitigare le sofferenze dei nullatenenti; esse non risolveranno mai il problema perché non potranno mai rinunciare al loro privilegio. Necessità fondamentale si è invece quella di abolire tali classi, non sopprimendo gli individui, ma sopprimendo il privilegio. Molti pensano che ciò significhi uccidere nell'uomo il piú forte stimolo al lavoro; ma questo è vero solo nell'attuale società che considera sommo bene la possibilità di vivere senza bisogno di lavorare e una dannazione il lavoro: nella società futura il lavoro sarà considerato un bene necessario, un bisogno naturale, irresistibile nell'uomo, legge suprema della vita, poiché sarà un lavoro misurato, giustamente retribuito, conforme alle attitudini individuali.
Per rovesciare l'attuale organizzazione sociale bisogna spingere le masse alla rivoluzione; lasciare cioè che nello sfogo degli istinti lungamente repressi, nello scatenamento completo e irrefrenabile degli impulsi popolari si facciano luce il nuovo ideale umano e il nuovo ordinamento sociale.
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