La religiosità del Mazzini non solo non riusciva ad attirare questi transfughi del cattolicismo, ma neanche a permeare di sé la maggioranza dei mazziniani; molti dei quali seguitavano a professarsi tali, pur discordando dal maestro nel punto centrale, anzi in quel che era il vero deus-ex-machina di tutto il suo sistema. Il positivismo invece prese salda radice in Italia proprio negli anni immediatamente successivi al '60, coincidendo con un intenso risveglio di attività scientifica.
Accanto a Cattaneo - discepolo di Romagnosi - che in ogni campo della sua sconfinata attività aveva portato lo stesso metodo di indagine spassionata e realistica, lo stesso spirito lucido e concreto e che, col suo Invito alli amatori della filosofia (1857) - esortazione ad abbandonare lo sterile astrattismo per dedicar l'ingegno allo studio e all'incremento delle scienze - aveva dato in certo senso la squilla al movimento positivistico italiano; troviamo il Ferrari, solitario pensatore, teorico del fenomenismo, per tanti punti nei suoi studi storici e filosofici precursore del nuovo orientamento spirituale; il Macchi, formatosi alla scuola del Cattaneo, razionalista convinto ed assoluto, fervido propagandista delle sue idee; Alberto Mario, fedele seguace del programma politico di Cattaneo e libero pensatore; Ausonio Franchi, transfuga del cattolicismo, teorico di un razionalismo integrale e fondatore del giornale «La Ragione» (1854-57) e poi Pasquale Villari, il Trezza, Aristide Gabelli e Nicola Marselli, nomi illustri o nella storia o nella filosofia, teorici del positivismo.
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