Ma la colpa ricade tutta sulla borghesia, che in Italia è nella piú completa decadenza. In nessun luogo ci si può render conto altrettanto chiaramente del vuoto che nasconde il principio della rivoluzione esclusivamente politica. In nessun luogo è piú arbitraria la identificazione che comunemente si fa di «rivoluzionario» e di «patriota».
A Napoli o in quel di Napoli Bakunin si trattiene fino al settembre del 1867; e impiega tutto il suo tempo nella propaganda a favore della Fratellanza che gli sta molto piú a cuore dell'Internazionale.
Anche qui i primi resultati non sono troppo brillanti. Scrive il Giannelli che le cose non gli vanno meglio che a Firenze; «non è affatto vero che gli affiliati alla Falange sacra si fossero lasciati persuadere da lui»(272).
Bakunin si insinua nell'ambiente democratico-massone e avvicina soprattutto giovani garibaldini: giovani romantici sui quali lo spregiudicato radicalismo del rivoluzionario russo esercita una vera attrazione, giovani scontenti, ché la patria non ha piú bisogno di loro, e anzi rifiuta i loro servigi e teme le loro agitazioni: essi cominciano ad intravedere ideali che presuppongono la già compiuta unità e indipendenza della patria e che della patria superano i confini.
Tra le prime conoscenze del Bakunin si ricordano Giuseppe Fanelli(273), Saverio Friscia(274), deputati al Parlamento; l'avvocato Carlo Gambuzzi - che abbiamo trovato mazziniano al recente Congresso operaio di Napoli(275) - Tucci, Dramis, De Luca, Mileti, Sebastiano di Lucca(276).
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