Mazzini non ha mai pensato seriamente ai contadini italiani. Anzi Bakunin ricorda quel che Mazzini gli rispose, a Londra, una volta che egli gli osservò esser necessario rivoluzionare i contadini italiani. «Per ora nulla vi è da fare nelle campagne; la rivoluzione dovrà farsi prima esclusivamente nelle città; poi, quando l'avremo fatta, ci occuperemo delle campagne!»(282).
Ma non bisogna dare troppa importanza alle pagine vibranti di entusiasmo che Bakunin dedica ai contadini italiani; le parole rimasero parole; gli incitamenti alla rivoluzione non conquistarono che un piccolo entourage di giovanotti borghesi e, in un secondo tempo, di operai e d'artigiani.
Fino a tutto il 1865 Bakunin poté svolgere tranquillamente la sua attività, senza incontrare resistenze troppo gravi: troppo modesta ancora per destare preoccupazioni nell'ambiente borghese e nelle autorità, essa si giovava del fatto che il mazzinianismo non era mai penetrato a fondo nel Mezzogiorno; non si trattava perciò tanto di scalzarlo o, per dirla con Marx, di minargli il terreno, quanto di prevenirlo nella diffusione di un programma di rinnovazione sociale che alleasse al proletariato elementi intelligenti e disinteressati della borghesia, pronti a sacrificare all'emancipazione di quello i privilegi tradizionali della loro classe.
Ma sul cadere del 1865 Mazzini, compreso della necessità di trovare una piú larga base al suo movimento e forse anche avvertito del lavorio che Bakunin andava compiendo, si accinse precisamente a intensificare la propaganda nel Mezzogiorno.
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