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      Garibaldi, invece, partí per Ginevra. Mosso da un vago umanitarismo, che egli non chiarí mai e dal quale traeva a volta a volta le piú impensate deduzioni, volle precisare, nella seduta inaugurale del congresso, quelle che gli sembravano le condizioni indispensabili al mantenimento della pace. Le sue dichiarazioni internazionaliste e pacifiste (alla vigilia di Mentana) furono accolte da grandi applausi per quanto i sentimenti generali restassero choqués da un inaspettato accenno alla necessità di diffondere la religione di Dio(328).
      L'indomani, tra molte visite, Garibaldi ricevette quella di alcuni delegati internazionalisti, con i quali ebbe una amichevole conversazione. Uno di costoro, richiamandosi a quanto il generale aveva dichiarato il giorno innanzi: «il solo schiavo ha diritto di far la guerra ai tiranni», osservò che cosí la pensava anche l'Internazionale, ma in senso piú largo. «Come?» domandò Garibaldi. «Voi non parlate che di tirannia politica; ma noi non vogliamo neanche la tirannia religiosa». «Son d'accordo con voi». «E non vogliamo neppure la tirannia sociale». «Sono sempre d'accordo. Guerra alle tre tirannie: politica, religiosa e sociale. I vostri principî sono i miei». E Garibaldi distribuí strette di mano a destra e sinistra(329).
      Bakunin - intervenuto a Ginevra in rappresentanza della sezione napoletana della Fratellanza - espose con grande chiarezza il suo programma politico, religioso e sociale, quale lo aveva elaborato nel suo triennale soggiorno in Italia.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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