Noi lo esortiamo a subire i sacrifizi che gli vengono imposti, piuttosto che compromettersi con sommovimenti condannati dal Codice penale. Ma al tempo stesso però diremo a quei che vogliono a tutti i costi la tassa sul macinato: Signori! guardate ove mettete i piedi... Badate che per mantenere l'ordine nella Sicilia e buona parte del Napoletano vi ci vuole un numero esorbitante di truppe... badate che la campagna brontola! e che vi sono sparsi in quella degli uomini che accarezzano il passato, i quali, volere o no, hanno presso i campagnoli, chi piú, chi meno, voce in capitolo e forse piú di quello che non crediamo».
Ma gli elementi responsabili della Sinistra, se pure indignati col governo monarchico, comprendono che eventuali moti di rivolta si risolveranno non a danno della monarchia soltanto, bensí della nazione, e forse a pregiudizio dell'unità. Mazzini esclude che il malcontento economico possa portare alla rivoluzione. «La miseria crescente - scrive a un'associazione democratica il 28 marzo 1868 - e le ingiuste tasse aspreggiano le moltitudini e le fanno proclivi ad ascoltare il linguaggio di chi attribuisce quei mali alla tentata unità»(344). E tre giorni dopo, all'amico Andrea Giannelli: «La miseria crescente, il macinato se approvato, ecc., aumenteranno il malumore; ma le ragioni materiali hanno fatto sommosse, non mai rivoluzioni»(345).
Nonostante tante proteste e velate minacce e avvertimenti, tra i foschi presagi della stampa e il malcontento delle classi lavoratrici, la tassa proposta viene alfine approvata (marzo 1868)(346).
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