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      Ciò è confermato dal fatto che nessun accenno a sezioni italiane dell'Internazionale si trova nell'archivio del Consiglio generale e dalla stessa comunicazione ufficiale del Consiglio generale al congresso, laddove ebbe a dichiarare - contentandosi forzatamente di affermazioni generiche - che «la classe operaia italiana va ogni dí costituendo la sua individualità, emancipandosi dai vecchi partiti politici»(359).
      Il movimento internazionalista in Italia era dunque ancora assai debole; e non certo in grado - come insinuava «La Nazione» - di provocare e alimentare scioperi.
      Si cita generalmente come prova e nello stesso tempo incentivo alla diffusione delle idee socialiste in Italia nel 1868, il giornale «La Plebe», fondato appunto il 4 luglio di quell'anno da Enrico Bignami(360). Ma chi ne consulti la prima annata dovrà convenire che «La Plebe» era nient'altro che un giornale repubblicano e libero pensatore, come già piú d'uno se ne stampava in Italia(361). La grande importanza che giustamente gli si assegna deriva dall'atteggiamento da esso assunto tre anni piú tardi; quando il Bignami, giunto dopo lenta evoluzione e appassionato studio degli scrittori di cose sociali a una sua concezione socialistica che niente aveva di comune col facile rivoluzionarismo degli improvvisati bakunisti, fece del suo giornale l'organo di quella corrente evoluzionista (piú maloniana che marxista) che, nei suoi successivi sviluppi, doveva incontrare tanto successo fra i socialisti italiani.
      Il Congresso internazionalista di Bruxelles segnò, come ebbe a scrivere Mazzini, la fine del primo periodo di vita dell'Internazionale(362), essa ormai non era piú una lega di organizzazioni operaie autonome, concordi nell'intento generico di promuovere la emancipazione della classe operaia; ma una grande organizzazione, con una fisonomia sua propria, un programma ben determinato in base al quale precisava agli aderenti gli scopi, i limiti e le modalità della lotta contro le classi possidenti; un partito operaio che aveva per fine la proprietà collettiva e per mezzo la lotta di classe(363).


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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