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      Ma i dirigenti del partito, pur seguitando da anni a predicare la rivoluzione e a incitare individui e gruppi a tenersi pronti, non pensano affatto a una rivoluzione di contadini ignoranti e inferociti. È vero che con poco sforzo riuscirebbero a trasformare la rivolta dei contadini in una, ben piú pericolosa, di operai e di artigiani nelle città, agitando la bandiera della repubblica e soprattutto quella delle riforme sociali. Ma è da discutersi se fosse allora davvero intenzione dei repubblicani di provocare la rivoluzione(401). Mazzini si preoccupa soprattutto della unità; considerate tutte le forze centrifughe che sono in giuoco, sa che una piccola scossa può comprometterla seriamente. Se proprio si guarda alla sostanza delle cose, bisogna riconoscere che, dalla unificazione politica in poi, Mazzini fu un elemento di conservazione assai piú che di vero rinnovamento. Parla di rivoluzione, caccia questa parola in tutti i suoi scritti, ma non pensa a organizzarla sul serio; capisce che cosí bisogna fare per tenere la coesione nella Sinistra e per non lasciarsi sfuggire gli elementi piú giovani e attivi: è la parola d'ordine, nulla piú. E intanto, fin quando i giovani intellettuali e gli operai staranno stretti intorno alla rivoluzione di Mazzini, l'unità e l'ordine sociale potranno dormire sonni tranquilli.
      Ma alcuni fra gli elementi piú giovani, piú accesi del partito, di fronte allo scoppio di un moto cosí vasto contro il governo monarchico, non si curarono degli ordini impartiti dai dirigenti e si buttarono nel pieno della rivolta per guidarla a fini repubblicani.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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