Alcuni fra i repubblicani piú giovani cominciano apertamente a esprimere il loro dissenso dal maestro e cercano una via nuova.
«Fu un tempo - scrive un giornaletto semiclandestino, "L'Italia nuova", nel marzo 1869 - che la formola Dio e popolo sospingeva alle ardite imprese e faceva bello il patibolo alla gioventú borghese d'Italia; oggi quella medesima gioventú corre a schierarsi fra le numerose fila dei liberi pensatori, ed in nome della scienza rinnega quella tirannica idea di un Dio, cui li uomini dei tempi ricchi hanno creato a somiglianza di se medesimi, con tutte le malvagie passioni che covano nel loro seno e che pretesero creatore di quanto si svolge nella perenne, necessaria ed inevitabile evoluzione della materia. Pure Mazzini si ostina a mantenerla integra cotesta formola... I tempi mutano; in trent'anni nuove idee si svolgono, principî nuovi si affermano, altri bisogni si palesano e i doveri e i diritti pigliano base diversa e diverso indirizzo. Mazzini è rimasto siccome sorse; e, mentre i tempi cangiati chiedevano un ateo ed un rivoluzionario, egli è rimasto un credente ed un apostolo»(432).
Il materialismo, l'incubo di Mazzini, mina le fondamenta della sua popolarità. E insieme e accanto ad esso, quella che Mazzini additerà piú tardi come la piú tipica incarnazione del materialismo stesso: l'Internazionale, che, nel corso del 1869, mette in Italia salde e definitive radici.
Un membro del Consiglio generale dell'Internazionale scriveva a Napoli, il 20 gennaio 1869, lamentando di non ricevere da mesi notizie dall'Italia: «la cosa ci stupisce assai, perché i tempi sono troppo preziosi per non impiegare tutti i nostri istanti a fare un'attiva propaganda presso gli operai italiani.
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