Il salario ammonta a 2-3 lire la giornata di 15 ore e piú di lavoro. «In nessun luogo gli operai son tenuti sotto un pugno piú spietato. In nessun luogo perciò la soluzione della questione operaia appare piú necessaria che a Napoli. Bisogna dunque che l'Associazione internazionale se ne occupi e cerchi di aiutare gli operai, fra i quali si trovano molti risolutissimi internazionalisti»(445).
Il relatore, sulle cui statistiche demografiche sarà meglio non fermarsi, viene rincalzato da Bakunin: «Caporusso ci ha dato un quadro cupo ma vero della popolazione napoletana. I generi di prima necessità son diventati piú cari che sotto i Borboni. Le comunicazioni nell'Italia meridionale son tremende; gli operai che, come abbiamo visto, lavorano 15 ore al giorno, devon poi fare, quasi tutti, da due o tre ore di strada, cosicché per 18 ore consecutive non godono di alcuna ricreazione»(446).
Mazzini s'indigna per le deliberazioni prese dal Congresso di Basilea (il quale venne «a coronare l'opera di dissolvimento e di negazione» e a condannare l'Internazionale «all'impotenza pel bene»(447)), ma piú per il fatto che ad esso hanno partecipato tre delegati dell'Internazionale italiana: fra questi è un semplice operaio. Perciò s'affretta a scrivere al Giannelli, nel settembre 1869: «Bisogna vegliare sull'operaio Caporusso del quale egli [Procaccini] parla e se nel ritorno da Losanna(448) passa per Lugano, catechizzarlo voi, Maurizio(449), ecc. Se gli operai di Napoli aspettano il miglioramento delle loro condizioni dalle ciarle di Losanna, stanno freschi»(450).
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