Essa rimarrà paralizzata». Fecero eco, clamorosamente, le gazzette democratiche: ma il movimento, s'intende, non ebbe alcun seguito positivo.
Risoltosi il conflitto con fulminea rapidità, la novissima repubblica francese verso cui, ormai, si volgevano le simpatie dei democratici di tutta Europa, traversò un primo periodo di convulsioni sociali e politiche tremende che culminarono nel sanguinoso esperimento della Comune di Parigi.
La Comune produsse in tutto il mondo civile una grande impressione; in Italia poi se ne seguirono le vicende con spasmodico interesse.
Reazionari, conservatori, moderati, democratici costituzionali e repubblicani, internazionalisti, tutti ritennero che le sorti del mondo intero dipendessero dall'esito della lotta fra la Comune e Versailles. Tutti contribuirono a deformare la realtà e le proporzioni di quell'episodio. La Comune non apparve in Italia quel che fu effettivamente, un misto, cioè, di eroismo e di barbarie, di idealismo e di follia, tentativo mezzo nazionalista e mezzo anarchico, nato dalla disperazione e naufragato negli eccessi della rivolta e della repressione. Su di essa si formò immediatamente la leggenda: abbagliati dai proclami dell'effimero governo parigino, tutti - partiti e individui - giudicarono la Comune come un vero e proprio esperimento socialista; e mentre alcuni, stupiti e sdegnati, non nascondevano un'intensa preoccupazione, altri esultavano preannunciando un non lontano bis in Italia. Chi proclamò che la Comune segnava il fallimento dell'ideologia repubblicana, chi la sua piú bella aurora; chi ne attribuí la causa all'assenza di una fede religiosa nel popolo, chi a un'esasperazione del sentimento nazionale, chi a un istintivo impulso popolare verso l'affratellamento delle genti sulle rovine degli organismi nazionali.
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