..»(486).
La condotta del governo di Thiers e dell'Assemblea nazionale suscita in lui un senso di vero e proprio disgusto: «Noi deploriamo i fatti del Comune: biasimiamo quelli dell'Assemblea di Versailles. Gli errori del primo scendono da una fatalità di sistema, da idee che spettano a una Epoca oggimai consunta: le colpe, perché colpe sono, dell'Assemblea, derivano da interessi, presenti o futuri, temuti lesi i primi, sperati soddisfatti dalla monarchia i secondi...»(487). «L'Assemblea e Thiers passeranno, checché oggi si dica, ai posteri con una nota d'infamia. Firmarono tremanti una pace vergognosa, che smembrava la loro patria, collo straniero, quando dovevano mandare un grido solenne di resistenza collettiva alla Francia e disperdersi poi nelle province per capitanarla»(488).
Ma al di là e al di sopra degli uomini, del loro coraggio o della loro virtú, sta la forza e il valore delle idee che li muove. Mazzini irresistibilmente si volge a quelle. Sono quelle idee degne che per esse si compia tanto sacrificio, degne di sopravvivere alla inevitabile caduta della Comune? Mazzini non dubita: il programma parigino è tale che, ove anche non fossero in giuoco poderose forze contrarie, basterebbe a condannare quel moto, a isolarlo, a pregiudicarne irreparabilmente l'esito. E s'intende che cosí la pensasse il vecchio credente nella missione delle nazioni cui il programma teorico della Comune doveva apparire come un vero e proprio rovesciamento della sua dottrina.
Egli partiva da una concezione di progresso indefinito, regolato da leggi invisibili all'uomo, e ad essa, o meglio al conseguimento dei fini provvisori che, in ordine al progresso, è dato all'uomo, epoca per epoca, intravvedere, ispirava e coordinava il suo sistema.
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