I conservatori, d'altronde, quanti cioè ritengono sacro e immutabile l'ordinamento dato all'Italia dopo il '60, con ogni cura registrano gli eccessi e nella teoria e nella pratica commessi dalla Comune, e li bandiscono per le gazzette con l'intento di screditare ogni iniziativa repubblicana, che - sostengono - non può, per sua natura, non condurre a consimili eccessi. Si lasci mano libera a Mazzini e al suo partito e tra non molto - dicono ancora - si avrà in Italia una seconda Comune. «Tutto ciò - scrive Mazzini alla Stansfeld - reca gran nocumento al partito repubblicano in Italia. L'intera stampa monarchica da noi sta spaventando la gente con quelle che essa chiama le inevitabili conseguenze della repubblica»(495). Urge dunque additare l'abisso che divide la concezione repubblicana mazziniana da quella collettivista e federalista di Parigi.
Di ciò persuaso, Mazzini inizia la sua battaglia contro la Comune; «La Roma del Popolo» è il suo quartier generale e là, o intorno ad essa, in una piccola schiera di amici, si preparan gli attacchi e le difese, si approntano i mezzi pel combattimento, si unificano le iniziative, si contiene e si rintuzza ogni offensiva avversaria.
Dall'aprile in poi non esce, si può dire, numero della «Roma del Popolo» che non contenga un articolo di Mazzini, direttamente o indirettamente dedicato agli avvenimenti di Francia, alle loro cause, alle loro ripercussioni in Italia.
Ma osserviamo ora il contegno dei giornali filocomunardi. «Il Gazzettino rosa» di Milano(496), alle prime notizie della insurrezione parigina, 21 marzo 1871, saluta «con profonda gioia la coraggiosa e nobilissima iniziativa della generosa Parigi». Parigi resisterà e «fonderà il reggimento democratico, modello ed esempio per le altre nazioni d'Europa, oppresse dai privilegi delle caste che sostengono il monarcato»; tiene a proclamare la sua solidarietà con la causa disperata, ridendosi dei «giornali consorteschi (che) sbattuti come i loro padroni dalla bufera che mugge a Parigi, credono di additarci alla esecrazione del mondo, dichiarandoci fautori della insurrezione repubblicana» (31 marzo 1871).
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