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      La propaganda di Bakunin, potentemente aiutata dall'avvento della Comune, comincia a raccogliere frutti abbondanti, minacciando a Mazzini il crollo irrimediabile di quel che è stato, per lunghi anni, il suo quasi monopolio della questione sociale in Italia.
      Ma questa crisi della gioventú mazziniana non si sarebbe verificata o si sarebbe contenuta entro limiti assai modesti se l'atteggiamento di Garibaldi non l'avesse incoraggiata e aggravata.
      Garibaldi, trascinato dal suo focoso entourage, e trascinando a sua volta un gran numero di dubbiosi, partecipa di tutto cuore all'infatuazione per la Comune. La bella parentesi d'armi della spedizione in Francia si è chiusa, ed egli è tornato a Caprera, indignato per la condotta del governo francese, che ha piegato vergognosamente di fronte al nemico. La sua simpatia e la sua ammirazione si volgono ora alla resistenza disperata che i parigini tentano contro i prussiani e contro i versagliesi. Tra le grandi figure non socialiste d'Europa, egli è quasi il solo che, nell'imperversare della reazione anticomunarda, osi andare contro corrente; colpito per la prova di energia data dal popolo di Parigi, soddisfatto nel suo vago umanitarismo da alcuni punti programmatici della Comune, egli non guarda che alle grandi linee del movimento. Scrive agli amici nizzardi, il 2 maggio 1871: «Ciò che spinge i Parigini alla guerra è un sentimento di giustizia e di dignità umana; è la grande famiglia nominata Comune che vuole fare e mangiare la pissaladiera senza domandare il permesso a Pechino o a Berna; non è già il comunismo come vogliono definirlo i neri detrattori del proletariato, cioè i partigiani del sistema, che consiste nel render ricchi i poveri ed impoverire i ricchi»(502). I difensori della Comune sono «i soli uomini che in questo periodo di tirannide, di menzogna, di codardia e di degradazione hanno tenuto alto, avvolgendovisi morenti, il santo vessillo del diritto e della giustizia», scrive il 2 ottobre(503). Deplora i loro eccessi, li attribuisce al fatto che il popolo parigino si è lasciato trascinare «dalle ciarle dei dottrinari»; ma la reazione sanguinosa che li soffoca gliene fa dimenticare i lati piú condannabili; due anni dopo dirà addirittura che «la caduta della Comune di Parigi fu una sventura mondiale»(504). L'atteggiamento di Garibaldi è dunque nettamente antitetico a quello di Mazzini e ci spiega in che maniera molti giovani repubblicani trovino il coraggio e la franchezza di separarsi nettamente da Mazzini.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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