Il fatto che l'Internazionale trovasse giornali quotidiani e non quotidiani in ogni parte d'Italia disposti a difenderla, nel mentre ci fa capire quanta già fosse allora la popolarità di che essa godeva fra noi, costituiva nello stesso tempo, come è chiaro, un notevolissimo incentivo alla sua diffusione.
Ancora nel maggio Mazzini cosí scriveva ai redattori del giornale napoletano «L'Internazionale», che non si erano peritati di attaccare il suo programma politico e sociale: «Gli scrittori dell'"Internazionale" mi sono ignoti... Mi dorrebbe ch'essi rappresentassero, come il nome del giornale e le simpatie pel Comune di Parigi potrebbero far sospettare, una sezione napoletana dell'Associazione internazionale»(516). La sezione, sappiamo, esisteva per davvero: Mazzini venne a saperlo solamente due mesi piú tardi(517). Da allora in poi le prove della vitalità dell'Internazionale in Italia si moltiplicarono con relativa rapidità. Nel maggio stesso avvenne a Firenze qualcosa che dovette addolorare profondamente Mazzini: fin dall'autunno 1870 si era costituita in quella città una Società democratica internazionale, della quale facevano parte vari elementi massoni-repubblicani tra i quali il Castellazzo, presidente, il Giannelli, il Piccini, il Socci, il Martinati; società da non confondersi con l'Internazionale dei lavoratori(518). Macchiatisi di un indirizzo ai superstiti della Comune, essa sui primi di maggio, venne sciolta. «Il nome d'Internazionale fa paura alle classi privilegiate costituite in governo», scrisse Maurizio Quadrio al Giannelli, il 7 maggio(519). La società lanciò una vibrata protesta: «Noi non abbiamo mai cospirato.
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