«Di mezzo al moto normale degli uomini del lavoro - suona con solennità la sua requisitoria - è sorta un'associazione che minaccia falsarlo nel fine, nei mezzi e nello spirito al quale v'ispiraste finora e dal quale soltanto otterrete vittoria. Parlo dell'Internazionale».
Son già noti gli appunti che egli le muove e che discendono tutti dalle tre grandi negazioni da lui ritenute il fondamento della dottrina e della azione internazionalista: la negazione di Dio(573), della patria, della proprietà privata. Traspare dall'articolo Agli operai italiani la fiducia che gli operai, informati finalmente sull'essenza e gli scopi della misteriosa e potente associazione, se ne ritrarranno disgustati o le rifiuteranno ogni e qualsiasi solidarietà.
«No - scrive sicuro Mazzini - no; voi non lascerete, per proposte siffatte, la via calcata sinora e io potrò, sino all'ultimo giorno, movere su quella con voi». E alludeva al suo mutuo soccorso, alla sua cooperazione di consumo, di produzione e di credito, al suo programma di una patria di liberi e di eguali, nella quale fossero riconosciuti al lavoro tutti i suoi imprescindibili diritti.
Con questa illusione iniziò la battaglia contro l'Internazionale: la piú dura e la piú amara delle battaglie, quella che, per i suoi risultati immediati, parve a tutti e a lui pel primo la piú vana, certo la meno coronata di vittoria.
Egli avverte gli operai e i suoi giovani piú focosi amici democratici che l'Internazionale dubita dell'esistenza di Dio e nega la patria; con ciò solo crede tenerli lontani dal contagio: e invece da piú parti inaspettatamente gli si risponde che in verità, sí, Dio e la patria son nomi vuoti, astrazioni imaginate e imposte dai privilegiati nel loro esclusivo interesse.
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