E allora avverte che «le teorie filosofiche del signor Bakunin non hanno in sé nulla di essenzialmente nuovo... non saranno mai seriamente pericolose nel nostro paese...»; e finisce col tendere la mano al suo avversario: «Lo sappiamo bene che il signor Bakunin e i suoi seguaci aborrono, come noi, dalle conseguenze della stolida utopia; che vogliono il bene del popolo, come noi lo vogliamo...»
Contrattacchi di questo genere giovavano, anziché nuocere alla parte avversaria; e ben se n'accorse Bakunin il quale all'«Unità italiana» dettò una risposta spiritosa ed irruente (che per altro ben poco aggiungeva al suo precedente scritto), deridendo la redazione di quel giornale che «invece di produrre delle ragioni,... agita le braccia, gli occhi, li alza al cielo, getta grida di sorpresa, di dolore, di stizza, d'indignazione»(583).
Solo punto importante in questa seconda Risposta, quello nel quale il russo si scaglia contro quanti sostengono che non tutte le verità possono rivelarsi al popolo; e che, nel caso particolare, dicono essere il materialismo una teoria da riservarsi alle persone colte, poiché, diffusa nel popolo ignorante, può portare a non si sa quali perniciose conseguenze. Bakunin non ammette che ci possano essere tutori del popolo, i quali deliberino che cosa debba egli sapere, che cosa ignorare; ogni idea, ogni nuova intuizione gli vanno anzi senz'altro comunicate; solo cosí lo si abituerà a giudicarle, a usare il suo senso critico, solo cosí si «provocherà» la sua emancipazione sollecita e completa.
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