Cosí Errico Malatesta, tipico rappresentante di quella gioventú che, ammaliata dalla parola rivoluzione, s'è figurata per un pezzo che l'instaurazione della repubblica avrebbe condotto, di necessità, alla trasformazione totale dell'assetto sociale e che davvero Mazzini, un giorno o l'altro, avrebbe dato il segno della battaglia. Repubblicano convinto, entusiasta, egli ha partecipato «a tutti i tentativi in cui scorgessi anche un vago desiderio di repubblica» perché - indignato delle ingiustizie sociali - «udivo intorno a me che la repubblica era la negazione di queste cose che mi torturavano, che nella repubblica tutti erano uguali...; dappertutto e sempre vedevo la parola repubblica menzionata con tutte le rivolte dei poveri e degli schiavi». La repubblica al giovane Malatesta come a tanti altri è apparsa come il «regime dell'uguaglianza, dell'amore, della prosperità», «il sogno caro della mia fantasia tradotto in realtà». Da mazziniano, Malatesta ha varcato la prima volta la soglia del carcere, essendo stato arrestato in un tumulto a Napoli nel 1870. Convintosi poi, dopo l'esperienza della Comune, della fallacia delle sue speranze repubblicane per l'Italia, passa al socialismo rivoluzionario e diventa uno dei piú risoluti sostenitori di Bakunin(592). Cosí Caporusso, uno dei fondatori se pur, come sembra, non in buona fede dell'Internazionale nel Mezzogiorno, è stato nel 1865 presidente di una società operaia napoletana che, in un indirizzo inviato all'esule di Londra, ha assicurato: «Il popolo sta con voi»(593).
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