Per quanto riguarda la storia dei rapporti iniziali tra socialisti e mazziniani non v'è - credo - lettura piú viva e interessante di quella dei giornaletti internazionalisti che pullulano in Italia tra il '71 e il '72. Lettura purtroppo tutt'altro che agevole, tanto è difficile rintracciarne le collezioni. Giornaletti di piccolo formato, i piú, con testate chiassose, colti, quasi tutti, da malattie mortali dopo pochi numeri, sempre tormentati da angustie finanziarie e dagli artigli del fisco. Trascinati da un impeto di entusiasmo a lodare la Comune, si sentono dapprima, di fronte alla condanna mazziniana, come spaventati della loro audacia. Ma noblesse oblige: bisogna difendere la posizione, anche se difficile. Cercano perciò di spiegare l'atteggiamento di Mazzini, osservando che egli non dispone forse di tutti gli elementi necessari per giudicare equamente la Comune(600). Protestano la loro devozione a lui, che li ha educati al culto della libertà e della giustizia, e da cui li divide una sua momentanea aberrazione; non vogliono sentir parlare di scissione e, comunque, ne respingono ogni responsabilità. Ma non intendono sacrificare al rispetto e alla gratitudine per il maestro la propria indipendenza di giudizio. L'intransigenza e lo sdegno di Mazzini e del suo stato maggiore li obbligano ad assumere posizioni sempre piú nette: superato il disagio iniziale, si sentono alfine nello stato d'animo di minorenni usciti di tutela. Alla fermezza di Mazzini oppongono da parte loro una fermezza corrispondente e crescente: non ne possono piú dell'idealismo mazziniano, deridono la sua religione del dovere, il suo Dio, il suo spiritualismo; si ribellano con gioia al suo autoritarismo, all'abitudine sua di trasportare ogni minuto problema contingente nelle piú alte sfere del dovere, della morale, della missione o del progresso umano; non ne vogliono piú sapere d'aspettare la soluzione ideale del problema politico per essere autorizzati a tentare una soluzione radicale del problema sociale.
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