Abbandonano piú che volentieri un partito nel quale si evita se pur non s'interdice la discussione dei principî di carattere generale, nel quale si è venuto cristallizzando un dogma indiscutibile, che agli adepti è dato accettare in blocco, non mai rivedere criticare o rinnovare. Nei congressi dell'Internazionale, dicono essi, la discussione non ha limiti di sorta né ci si preoccupa gran che di rispettare i valori tradizionali. È quindi con un senso di sollievo che tutta questa gente si ascrive all'Internazionale, la cui dottrina, dicono ancora, è in perpetua evoluzione.
«Il Gazzettino rosa», 24 maggio 1871, dà il segno della campagna contro Mazzini: se la piglia con quei tiepidi repubblicani i quali sperano di rivoluzionare il mondo col solo predicare al popolo l'istruzione e l'educazione. «Essi ci incolpano di andar sempre troppo oltre nelle questioni, mentre è questo il nostro vanto. La grande differenza fra noi e loro sta appunto in ciò che noi rimontiamo ai principî, unica base di sano giudizio... essi invece si fermano incerti...»
La dose è rincarata nel numero del 7 aprile, in cui si dichiara che i mazziniani hanno «del prete»; piú ancora in quello del 14 maggio: Mazzini deplora che i giovani inneggino alla Comune. «Ma Mazzini s'inganna... credendo che tutta la democrazia italiana abbia per bandiera Dio e popolo, dogma e ragione. Questi giovani che sentonsi balzare il cuore di speranza ad ogni sintomo di riscossa... applaudono alla ribellione quand même. Mazzini (io dico franco la mia opinione rispettando quell'altissimo intelletto) sagrifica alle proprie teorie il sacro dovere di stendere la mano a chiunque combatte per la libertà... Mazzini lavora da trenta anni a creare una scuola; ma i tempi gli sono corsi innanzi.
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