Lo zelo che la stampa moderata impiega nel riprodurre i suoi articoli, le lodi che gli vengono prodigate ribadiscono nei transfughi del mazzinianismo la convinzione che proprio Mazzini è passato dall'altra parte; non essi hanno abbandonato lui. Le relazioni avute nel passato con Mazzini, scrive «Il Gazzettino», 30 giugno 1871, non «ci avrebbero mai fatto supporre che un giorno egli ci avrebbe in tal modo rinnegati».
La polemica dilaga e s'invelenisce. Nel già citato scritto Gemiti, fremiti e ricapitolazione (10 agosto), Mazzini lamenta che uomini, i quali dovrebbero conoscere il suo pensiero, lo svisino a fini polemici. V'è chi gli rinfaccia colpe balorde e false che tradiscono la sua figura, tentando di additarlo al popolo come un indifferente alla questione sociale, unicamente preoccupato delle vicende politiche del paese e dell'interesse delle classi abbienti. «Non è dovere in alcuno - egli ammonisce, sdegnato - di leggere ciò che un uomo scrive, ma non è arme di buona guerra né di sensata polemica l'accusarlo di idee non sue e senza leggere ciò ch'egli ha scritto. Or questa è ipotesi mia piú che tollerante benigna a riguardo di giovani i quali scrivono imperturbabili in una gazzetta dedicata ai figli del popolo, ai quali né tempo né mezzi concedono d'appurare la verità o falsità dell'esosa accusa, che la mia dottrina è questa: non ti curar d'altrui libertà, non volger lo sguardo oltre i confini d'Italia, lavora per te solo, respingi la solidarietà dei doveri, bada al tuo diritto solamente, cioè il contrario né piú né meno di quanto ho scritto». E allude al foglio «Il Proletario italiano», di Torino (20 agosto), il quale, nello stesso articolo da lui citato, ha anche scritto che, tra Mazzini e l'Internazionale, «di fronte ai due programmi, l'uno che esclude e c'inimica e l'altro che ci avvicina, noi siamo coll'Internazionale.
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