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      Nonostante ogni sua protesta, era evidente che chi aderiva al congresso o accettava implicitamente il programma mazziniano o avrebbe dovuto dichiarare pubblicamente il proprio dissenso.
      Le autorità politiche furono le prime a comprendere tutto ciò. «Il Lucifero» di Ancona(624), ottobre 1871, denunciando l'opposizione governativa al Congresso di Roma, rivelò che il 13 settembre 1871 era stata inviata ai prefetti una circolare riservata per invitarli a esercitare pressioni sulle società operaie affinché rispondessero «col silenzio agli inviti che pervenissero dal partito rivoluzionario, che per mezzo del Comitato ligure e di qualche altro, cerca di propagare dottrine perniciose e fomentare disordini mentre è ferma intenzione del governo di non tollerarli»(625).
      Ma furon sollecite a comprenderlo anche diverse società operaie. Nel resoconto di un'adunanza tenuta dalla Fratellanza artigiana di Livorno il 14 settembre per deliberare appunto sulla opportunità o meno di partecipare al Congresso operaio, si legge che i soci piú influenti - fra i quali il Guerrazzi - manifestarono l'opinione di non parteciparvi; il congresso, disse uno di essi, «si dilungherebbe certo dal segno, sperdendosi in controversie religiose alle quali gli artigiani sono i meno adatti»(626). Nell'ottobre la Società operaia di Napoli prese un'identica deliberazione, motivandola col fatto che il congresso sarebbe degenerato evidentemente in discussioni nel campo politico(627). Altre società seguirono l'esempio(628).


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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