Bakunin è perciò ben lieto di dichiararsi antinazionale; per lui la parola patria sta a indicare il sacro diritto di ogni uomo e di ogni gruppo, grande o piccolo, d'uomini di vivere, pensare e operare a modo loro. Nello stesso modo che egli impugna l'utilità e la ragionevolezza del matrimonio, fra le istituzioni civili, e vorrebbe sostituirgli la libera unione, fondata sul reciproco rispetto e la reciproca libertà (soprattutto libertà di separazione), ossia su una maggior lealtà; cosí nega lo Stato come forza accentratrice e l'idea-Nazione che ne è la base e la giustificazione; e vuol ridare lealtà e maggior consapevolezza di sé agli uomini tutti, ponendoli di fronte alla possibilità di unirsi liberamente, in collettività sempre piú vaste, federate fra loro in un ideale di eguaglianza e di pace.
La gioventú italiana deve liberarsi dal funesto influsso mazziniano. Già si sono costituiti nuclei di giovani atei e materialisti i quali, tuttavia, credono di poter seguire Mazzini sul terreno dell'azione, pur rinnegando le sue basi teoriche e soprattutto rigettando il suo pensiero religioso; no, essi devono comprendere che per Mazzini la politica non è «che la traduzione del pensiero religioso nel campo dei fatti» (p. 23); non si può quindi che accettare o rifiutare in blocco il suo sistema. Ben naturale, e nessuno piú di Bakunin la comprende e la apprezza, è la devozione a oltranza che questi giovani nutrono per Mazzini, cioè per chi ha il merito immenso di «aver tenuto vivo nella gioventú italiana il fuoco sacro per quarant'anni» (p. 25), di averla formata per la lotta contro l'oppressore d'Italia.
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