Uscite dall'equivoco, che, se mai nol sapete, mantiene il popolo in una perenne anarchia intellettuale e morale, ed è di tutti i sistemi il piú iniquo, il piú corruttore, il piú reazionario»(665).
Quelli rispondono, il 24 gennaio, riproponendo sui giornali la convocazione del Congresso democratico. «Perché non stringeremo in un fascio Massoni, Fratellanza artigiana, società operaie, società democratiche, razionaliste, ecc. che tutti hanno la loro tendenza al bene?... E perché marciare divisi?» Il congresso dovrebbe occuparsi «delle questioni: razionale e sociale - le di cui soluzioni sono praticabili»(666).
Mazzini non ne può piú. «Garibaldi - scrive il 26 gennaio 1872 - colla ragione, l'Internazionale, il prete, ogni cosa che fa, dica o non dica, ha giurato, per antagonismo non provocato da me, di dissolvere il Partito e sviare dal segno la gioventú»(667). Il 1° febbraio tenta dimostrare sulla «Roma del Popolo» tutta l'assurdità del congresso proposto. «Fondare su qualche frase di fratellanza, strappata da un momento d'entusiasmo e dimenticata il dí dopo, un ordinamento, è lo stesso… che ordinare, non la forza, ma la debolezza...»(668). Fa un ultimo tentativo di accordo sottoponendo a Garibaldi alcune domande precise in merito al problema politico e sociale e invitandolo a rispondere a tono e con chiarezza. Non continui a proclamare: ci vuole un programma; prenda in esame quello repubblicano e lo critichi, se crede; ma si ricordi che un programma c'è. Garibaldi, a ricevere le basi d'accordo, va fuori di sé. «Il Fascio operaio» di Bologna il 10 febbraio stampa questa sua dichiarazione: «1) dichiarare apertamente che sono repubblicano; 2) disdire che appartengo all'Internazionale; 3) trattare con rispetto filosofico la questione religiosa; cioè la teologia.
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