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      (113) Il Pedretti è vicepresidente della società La rigenerazione proletaria, di Torino. Egli sostiene che l'emancipazione ha da esser conquistata dagli operai con loro sacrificio personale; non si facciano illusioni sulla collaborazione delle altre classi: filantropi non ce ne sono, vano è lo sperare dai governi, piú vano che mai sperare che gli industriali rialzino spontaneamente i salari, quando possono sempre trovare operai disposti, per fame, ad accettar lavoro a qualunque prezzo. Ma, a sua volta, il Pedretti non è immune dalla illusione, classica in Italia, delle terre incolte. Vorrebbe impiegare le braccia inoperose nell'agricoltura, la quale è la vera ricchezza italiana: essa, a differenza dell'industria, non richiede che si spendano milioni all'estero per l'acquisto delle materie prime. Nel dissodamento delle terre incolte troverebbero lavoro migliaia di lavoratori, ciò che provocherebbe un aumento di benessere degli operai manifatturieri. Il Pedretti fa noto che La rigenerazione proletaria intende appunto costituire una società per la compra, la coltura e la vendita delle terre incolte.
      (114) Garibaldi, Montanelli, Dolfi, Savi, Franchini, Guerrazzi, Geimonat, Bianchi, Casaccia (Genova), Parola (Cuneo), Silvani (Tortona), Da Passano (Spezia) e Allegrini (Lucca).
      (115) Si allude alla proposta avanzata nel congresso di escludere dai lavori pubblici gli operai non italiani.
      (116) L'accusa a Mazzini di aver sabotato il '48 correva sulla bocca di molti. Lo stesso Garibaldi ebbe a lanciarla contro colui nel quale, si voglia o non si voglia, egli vedeva il suo grande antagonista.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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