Cfr. lettera a Petroni, 21 ottobre 1871, in XIMENES, Epistolario di Garibaldi, Milano 1882-85, vol. II, p. 385.
(117) «La Nuova Europa», 9 ottobre 1861.
(118) Ibid., 3 ottobre 1861. Controbatte questa tesi, sulla «Nuova Europa» del 19 novembre 1861, un operaio fiorentino, certo Piazzesi; non riesce a capire perché mai, se gli operai privi di diritti politici intendono conquistarseli, si debba accusarli di essere «arruffapopoli, repubblicani e mazziniani»; perché si gridi: «costoro vogliono rovinare l'Italia, vogliono il disordine».
(119) Si allude al Dolfi e al Piccini, fornaio l'uno, l'altro calzolaio, che rivestivano importanti cariche nella Fratellanza artigiana e avevano organizzato il congresso.
(120) Credo interessante riprodurre un brano di quell'articolo per mostrare quanta animosità si ponesse in tali contese e come in realtà l'interessamento per il movimento operaio coprisse, un po' da tutte e due le parti, intenti politici: «"Per giungere al culmine dei nostri desideri, - diceva a un nostro amico un soldato del profeta, - abbiamo bisogno di un'altra notte". "Non intendo, - rispondeva l'altro. - Qui ci bisognano nuovamente gli austriaci, e il disordine universale, poi verremo noi"». Ed ecco, riassunte, le direttive degli uomini di sinistra: 1) far chiasso contro i francesi perché, provocati, si ostinino a non lasciar Roma; 2) attaccarli con qualunque mezzo; 3) provocare la guerra contro l'Austria; 4) sorprendere la buona fede di Garibaldi; 5) ridurre le società operaie a tante società giacobine, sul modello dell'89; 6) fomentare disordini nel Parlamento; 7) profittare della corruzione sparsa dai Borboni nel Mezzogiorno per alimentare incessantemente lotte fraterne.
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