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(156) 21 febbraio: «La lotta esiste e prosegue, ma, mano mano che la civiltà avanza, il cozzo sociale si fa meno violento, la conciliazione possibile».
(157) 4 aprile: quelle teorie sono erronee «essendoché non prendono mai l'uomo tal quale l'ha fatto natura, coi suoi istinti, colle sue passioni, colla sua varia sensibilità, ma richiederebbero uomini fatti a bella posta tutti di uno stampo». No, gli operai non devono «atterrare il privilegio dei pochi, attualmente organizzato», per poi invocare a favore delle masse, quasi per risarcirle dei mali patiti, «un altro genere di privilegio, che si nasconde sotto il nome di diritto al lavoro, di gratuito capitale, di diritto alla proprietà del terreno e via via» (9 maggio); ma tendere alla definitiva distruzione di tutti i privilegi.
(158) 21 aprile: «Un antagonismo pericoloso sorge fra i due motori dell'industria, capitalisti e lavoratori; l'operaio offeso e nella dignità e nell'interesse si accende a sinistre idee contro l'intraprenditore; obbligato dalla sua inflessibilità a perdurare nello sciopero, stretto dal bisogno che rincrudisce a misura che il guadagno manca, guarda con rancore agli agi delle altre classi sociali, perde ogni suo sano concetto d'ordine, ogni amore al lavoro». Riconosce però (13 giugno) che «gli scioperi hanno la loro ragione d'essere nelle condizioni non di una parte soltanto ma di tutta generalmente la classe operaia».
(159) 21 febbraio: «Oggi la legge vi impone doveri da compiere, e col pretesto della vostra immoralità e della vostra ignoranza vi impedisce l'esercizio di molti diritti; domani, soppressa la causa, cesseranno gli effetti».
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