(160) 2 maggio: non ritiene che «attualmente l'educazione economica in Italia sia abbastanza inoltrata da permettere sí tosto l'applicazione di codesti trovati preziosissimi dell'associazione; noi dubitiamo in massima, che all'inesperienza delle leggi che debbono governare un istituto industriale in tutti i suoi rapporti, susseguirebbe immediata una pratica infelice, la quale scorando le masse degli operai e facendole paurose di ardite ed utili iniziative, ritarderebbe il loro moto ascendente progressivo». Qua e là, discorrendo di questioni economiche, «Fede e Avvenire» dà prova di una curiosa ingenuità, che certo non poteva imputarsi a Mazzini. Il quale non credo avrebbe sottoscritto, per esempio, questa esortazione rivolta agli operai, il 7 febbraio: «Abbandonate dunque il dannoso sistema di applicare a lavoro i vostri figlioletti, con l'ingiusta esigenza che vi venga guadagno dalle loro deboli membra, dalle incolte loro intelligenze; non li consegnate come bestie da soma ad un padrone; il padrone si tramuti in maestro, in scuola l'officina», Esortazione che si chiudeva con l'invito ai padri di famiglia operai di sborsare una quota affinché i loro figli venissero assunti come apprendisti!
(161) «La Nazione», 3 ottobre 1863.
(162) «L'Unità italiana», 15 ottobre 1863: «Il partito moderato, come sempre, come in ogni buona cosa, s'adoperò colle solite armi... a impedire prima, quindi a suscitare il disordine e la confusione, e finalmente a screditare ciò che non aveva potuto impedire». Cfr. anche «Il Dovere», Genova, 17 ottobre 1863.
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