(167) Il quale, per altro, non partecipava al congresso.
(168) Che fu composta di tre mazziniani (Savi, Astengo e Cannonieri), un garibaldino (Asproni), piú Mauro Macchi e Valentini. Anche sull'elezione di questa commissione aveva influito il Mazzini, come si comprende da una sua lettera a Dagnino del 24 settembre 1863 (conservata nel Museo del Risorgimento di Genova), nella quale dà molti consigli sul modo di condurre il congresso. «Bisognerebbe che la commissione fosse in Genova. Ma è cosa da maneggiarsi cautamente per non irritare suscettibilità locali». La sede della commissione fu infatti stabilita in Genova.
(169) Garibaldi aveva inviato una lettera al presidente del congresso (Olivieri), nella quale prendeva posizione per la tesi mazziniana sulla politicità. «Lasciate le vane questioni di parole, ma pensate che l'uomo non si dimezza, e che tutti, senza eccezione, abbiamo gli stessi doveri verso di noi, verso la patria e verso l'umanità».
(170) Mentre l'indirizzo a Garibaldi venne votato per acclamazione e senza riserve, per l'indirizzo a Mazzini il presidente ritenne prudente avvertire che esso non si rivolgeva «all'uomo politico, ma all'operaio del pensiero, all'amoroso padre del popolo».
(171) Non son riuscito a trovare gli Atti che pur furono stampati. Si veda il resoconto sui giornali parmensi del tempo («La Gazzetta di Parma» e «Il Patriota») nonché sulla «Nazione» e sull'«Unità italiana».
(172) «L'Unità italiana», 28 novembre 1863.
(173) Il giornale seguitò le sue pubblicazioni (settimanali) fino al 25 luglio 1866, salvo una interruzione dal 24 dicembre 1864 al 9 agosto 1865. Abbastanza agile, variato, accuratissimo nel riportar notizie riguardanti la vita delle società operaie, discretamente informato sulle vicende del movimento operaio all'estero, pronto a discutere e ad accogliere con simpatia ogni nuova iniziativa nel campo del lavoro, meritava un piú felice successo.
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