(347) Lo sciopero viene risolto rapidamente, dietro promessa del prefetto di sospendere l'esazione della tassa («La Nazione», 4, 5 aprile 1868). «L'Avvenire dell'Operaio», 4 aprile, scrive che esso fu la «dolorosa espressione di un popolo spinto all'ultima prova di pazienza... Si ricordi il governo che un popolo già troppo angosciato dalla miseria, quando si ferisce ancora nella sua piccola paga, diventa terribile. Basta una scintilla per dar fuoco ad un incendio vastissimo, funestissimo». Il foglio vien sequestrato per aver espresso concetti diretti ad eccitare gli operai alla ribellione. Nel maggio gli operai che hanno capeggiato lo sciopero vengono licenziati dal lavoro. I compagni fondano una Cassa di soccorso per sussidiarli («L'Avvenire dell'Operaio», 30 maggio, 6 giugno 1868).
(348) Termina con arresti e scioglimento di associazioni politiche e operaie. Gli operai promuovono una sottoscrizione per soccorrere gli arrestati. Particolare interessante: fra le altre categorie, han dichiarato lo sciopero anche i tipografi, eccettuati però quelli che lavorano per il giornale democratico «L'Amico del Popolo» (diretto da Francesco Pais-Serra), che viene additato in un pubblico manifesto come «l'unica arma potente che ancora sia rimasta (al popolo) per propria difesa». Cfr. «La Nazione», nei giorni seguenti all'agitazione.
(349) «L'Avvenire dell'Operaio», 12 gennaio 1868. Lo sciopero si verifica fra gli operai lanieri, ai quali si vorrebbe imporre un ribasso di salario.
(350) «Lo Zenzero primo», Firenze, 7 marzo 1868.
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