(393) Acutamente lo stesso prefetto di Parma fa notare come i contadini della sua provincia fossero blanditi e tenuti buoni dal cessato governo, costretto a lottare con la classe intelligente e tenuti a freno dai parroci, allora conservatori. Questi ultimi, dopo il '60, a tutto hanno pensato fuor che a calmarli e a inculcare la rassegnata osservanza delle leggi.
(394) Dal Rapporto del prefetto di Reggio Emilia al ministero dell'Interno, 10 gennaio 1869; «La Nazione», 26 gennaio.
(395) «La Gazzetta dell'Emilia», 12 gennaio 1869.
(396) Non mi sono diffuso a parlare di questa rivolta, poiché la si deve considerare come un vero e proprio tentativo di restaurazione borbonica o di autonomismo, malamente truccato coi colori della rivolta sociale.
(397) «Il Corriere italiano» di Firenze, in un articoletto che ha l'aria di un comunicato ufficioso afferma, il 4 gennaio, che il governo ha acquistato la prova essere le agitazioni opera del partito repubblicano.
Il PETRUCCELLI DELLA GATTINA, Storia d'Italia dal 1866 al 1880, Napoli 1882, p. 54, parlando dei repubblicani, scrive: «Si provocarono i contadini ad insorgere contro la tassa del macinato in alcune province».
(398) Rapporto del prefetto di Reggio ecc. cit.
(399) Eccone un campione («Il Presente», Parma, 3 gennaio 1869): «E qual legge potevano proporre piú ingiusta, piú iniqua, piú contraria allo Statuto?... Cambray-Digny e i suoi consorti la proposero, la votarono perché su di essi non fassi sentire. Non di pane solo essi vivono; è il povero popolo, il proletariato, il contadino cui restano pochi soldi per sfamarsi, che di solo pane vive, che quindi la maggior parte della tassa deve pagare.
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