(610) Nonché disposta a posare a mazziniana, ora che Mazzini è diventato un elemento di conservazione. Il 3 ottobre «La Nazione» riporta una lettera diretta da Adriano Lemmi al direttore della «Roma del Popolo» (28 settembre 1871), in cui è affrontata sí con molta moderazione la questione del lavoro (che è definita una questione interna della classe operaia, questione tra capi fabbrica, imprenditori e operai, dipendente da male ordinate relazioni tra capi officina e giornalieri), trattata con molto ottimismo la questione agricola (soluzione: l'estensione a tutta l'Italia del contratto di mezzadria); ma in cui è pur detto che è necessario e urgente garantire agli operai una partecipazione agli utili delle aziende e impedire risolutamente l'intervento governativo nelle questioni operaie. Questo linguaggio che ancora qualche mese addietro i giornali conservatori avrebbero definito per lo meno «sovvertitore», è invece altamente apprezzato dalla «Nazione», ora che l'Internazionale fa in Italia passi da gigante. La lettera di Lemmi, essa commenta, «tocca assai opportunamente tutti i lati principali della questione; e se se ne tolgono alcune frasi che parranno a molti, come a noi, soverchiamente vive, ci pare contengano idee sane, moderate e prudenti». Nello stesso numero del 3 ottobre si legge che «le opinioni del Mazzini sono, come piú volte notammo, moderatissime in fatto di riforma sociale, ed alienissime dalle intemperanze dell'Internazionale e di tutta la scuola comunista».
(611) Degna di ricordo è una lettera che - negli stessi giorni - la redazione del «Romagnolo» (Nabruzzi, Montanari, Resta) dirige ai membri del Consiglio generale dell'Internazionale.
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