..) Negli ambienti del Foreign Office, nel contempo, comincia ad acquistare qualche credito una corrente secondo la quale l'Inghilterra dovrebbe prepararsi a favorire, in un piú o meno lontano avvenire, e unicamente per via di negoziati pacifici, una semplificazione della carta d'Italia basata sull'assorbimento, da parte degli Stati piú forti, delle piccole formazioni del centro della penisola e ancora, e in primo luogo, sulla dilatazione piemontese in Lombardia: rimuovere insomma dall'edificio, per salvarne la stabilità, le parti piú evidentemente caduche.
Quanto agli attriti e alle gelosie fra i principi italiani, l'Inghilterra si presenta quasi costantemente in veste di mediatrice e di promotrice di accordi; amica dell'Austria, ma diffidente essa stessa di certa sua politica invadente, agisce energicamente su Vienna in senso moderatore, e anzi, ogniqualvolta se ne presenti il destro, non manca di prepararla al sacrificio, sempre piú opportuno e un dí o l'altro indispensabile, di una porzione dei suoi dominî italiani; a Firenze si studia di eccitare lo spirito di indipendenza; di Parma e Lucca non ha quasi mai ragione di occuparsi; con Modena, antesignana della politica reazionaria, finirà col rompere affatto. A Torino, generalmente antiaustriaca, e anzi freneticamente tale, prende le difese dell'Austria; salvo a riesumare e svolgere essa stessa le tradizionali cause di attrito fra i due paesi, nei rari casi in cui Torino inclini ad eccessiva intimità con l'Austria. A Roma e a Napoli, nei cui confronti non tarda ad adottare un'attitudine visibilmente scettica quanto ai sistemi di governo che vi prevalgono e alla possibilità di promuoverne l'evoluzione, combatte di volta in volta il prevalere d'influenze straniere esclusive o tendenti all'esclusività.
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