Quanto agli avvenimenti del 1860, essi, certo, colsero di sorpresa il Foreign Office, come del resto anche la Francia e tutte le cancellerie europee. Francia e Inghilterra da tempo si trovavano con Napoli in relazioni assai tese; senonché, mentre questa non ad altro mirava che ad una radicale riforma in senso costituzionale del governo borbonico, quella (come si è già ricordato) era sospettata di spiare e possibilmente anticipare la decadenza della dinastia borbonica per soppiantarla con un ramo collaterale della sua casa regnante. Ond'è che, allo scoppiar della crisi, il Foreign Office, già indignatissimo per la pattuita cessione alla Francia di Nizza e della Savoia, si adombrò soprattutto per il timore di nuovi intrighi francesi. Di poi, assicurato che non un palmo di territorio nazionale sarebbe stato d'ora innanzi barattato o ceduto, non solamente si acconciò all'occupazione della Sicilia, ma lasciando via libera, di contro alle vedute e alle proposte francesi, al passaggio dei volontari da quell'isola sul continente, si fece apertamente solidale dell'estremo colpo inferto ai Borboni. Di qui, nella stessa Inghilterra, ed anzi in altissimo luogo, dubbi e scrupoli e rimbrotti al ministero: d'altronde ben presto caduti. E infatti la diplomazia inglese aveva offerto in quella congiuntura una luminosa conferma delle proprie capacità: che non consistevano proprio, ripetiamolo ancora, nella fertilità delle iniziative e nell'acutezza delle previsioni, ma per l'appunto nel sapersi rapidamente acconciare all'inevitabile, ricavando tutto il vantaggio possibile da esso, come, e piú, dai fatti compiuti.
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