Fatto sta che a Londra il Castlereagh evitò perfino di discutere la situazione piemontese coi diplomatici sardi. Con essi parlava solo dei casi napoletani o di politica generale(13). Non già che egli non seguisse con preoccupazione le vicende dell'Italia settentrionale dalle cui complicazioni era evidente che poteva scoccare la scintilla generatrice di un conflitto europeo e perciò anche, a tutto danno inglese, di una possibile modificazione dello status quo mediterraneo: ma il Castlereagh statista e Ministro degli esteri subiva adesso, si direbbe, l'impaccio del Castlereagh teorico politico. Troppo improvvisato, come teorico, e perciò troppo rigido e ostinato, per trovare un ragionevole accordo fra la teoria e la pratica.
Nella imminenza del Congresso di Lubiana lo Stewart, tra l'altro, gli fece sapere essere intenzione dell'Austria d'intendersi con le altre potenze italiane per una contemporanea riforma dei loro ordinamenti statali. Era un'occasione opportuna per l'Inghilterra per esercitare la propria influenza in senso cautamente progressista.
Ma il Castlereagh non volle averci nulla a che fare, adducendo che il suo paese non avrebbe mai potuto incoraggiare una «lega italiana»: in realtà egli sospettava le coperte mire dell'Austria; ma il suo disinteressamento era proprio il mezzo piú adatto a sventarle?(14).
Algernon Percy si limitò quindi, contro diffuse aspettazioni e speranze, a tenere minutamente informato il Foreign Office degli sviluppi della situazione in Piemonte, astenendosi accuratamente dal pronunziare giudizi o dall'avventare prognostici; quel che è peggio, ondeggiando assai spesso, nella incertezza del punto di vista londinese, fra opposti pareri e consigli.
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